Ricorso della regione Lombardia, in persona della giunta  regionale
 Fiorinda   Ghilardotti,   autorizzata   con   delibera  della  giunta
 regionalle n. 40752 del 3  settembre  1993,  rappresentata  e  difesa
 dagli   avvocati   prof.   Valerio   Onida   e  Gualtiero  Rueca,  ed
 elettivamente domiciliata presso quest'ultimo in  Roma,  largo  della
 Gancia,  1,  come  da  delega  in  calce  al presente atto, contro il
 Presidente  del   Consiglio   dei   Ministri   pro-tempore   per   la
 dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  del d.l. 4 agosto
 1993, n. 272, concernente "riordinamento delle competenze regionali e
 statali in materia agricola e forestale e istituzione  del  Ministero
 per   il   coordinamento   delle  politiche  agricole,  alimentari  e
 forestali", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 182 del  5  agosto
 1993.
    Come  e'  noto,  con referendum svoltosi il 18 aprile 1993, il cui
 effetto abrogativo, differito di sessanta giorni, e' stato dichiarato
 con d.P.R. 5 giugno 1993, n. 176, sono state soppresse le  norme  che
 istituivano  (per  trasformazione) il Ministero dell'agricoltura e ne
 stabilivano le competenze (art. 1 del  r.d.  n.  1661/1929;  r.d.  n.
 1663/1929).
    A   tale   abrogazione   conseguiva  dunque  la  pura  e  semplice
 soppressione     del     Ministero     dell'agricoltura,     nonche',
 invevitabilmente,  degli  organismi  da esso dipendenti; e poiche' la
 materia dell'agricoltura e delle foreste,  oggetto  della  competenza
 del   soppresso   Ministero,   e'   attribuita  dall'art.  117  della
 Costituzione alle regioni, e le  relative  funzioni  sono  state,  in
 linea  di  principio, integralmente trasferite alle regioni dall'art.
 66 del d.P.R. n. 616/1977, conseguenza dell'abrogazione  referendaria
 doveva  essere  il  pieno  compimento  della  regionalizzazione della
 materia. Del resto proprio a questo scopo  il  referendum  abrogativo
 era  stato  proposto,  non  a  caso,  da vari consigli regionali, che
 avevano chiaramente indicato il senso di tale proposta, intesa a  far
 completare  dal  corpo  elettorale quel processo di regionalizzazione
 che il legislatore parlamentare aveva lasciato incompiuto, e anzi era
 venuto   progressivamente   contraddicendo   con   una   legislazione
 riaccentratrice in termini di poteri e di risorse.
    E'  ben  vero  che l'art. 71 del d.P.R. n. 616/1977, non abrogato,
 riserva allo Stato determinate funzioni, per lo piu' di  indirizzo  e
 di coordinamento, nella materia.
    Ma  e'  altrettanto  vero  che  di per se' la cura degli interessi
 nazionali sottostanti a tali  riserve  di  funzioni  allo  Stato  non
 richiede   affatto   l'apprestamento  di  una  struttura  burocratica
 complessa quale un Ministero: struttura che, nella nostra  tradizione
 e  nella realta' amministrativa, si palesa strumento indispensabile e
 tipico solo per l'esercizio  di  compiti  di  gestione  di  specifici
 poteri  amministrativi  e  di spesa, cioe' di compiti che, secondo il
 disegno  costituzionale  e  la   stessa   normativa   di   attuazione
 dell'ordinamento  regionale  (cfr.  art.  17 della legge n. 281/1970;
 art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382; art.  126  del  d.P.R.  24
 luglio 1977, n. 616), dovrebbero essere di spettanza delle regioni.
    Pertanto  la  soppressione  referendaria  del Ministero aveva e ha
 quanto meno il significato certo di impedire la  conservazione  o  il
 ripristino  di  una  struttura dicasteriale con competenze in materia
 agricola e forestale, e di imporre lo  svolgimento  dei  compiti  che
 restano   in  capo  allo  Stato  mediante  altri  tipi  di  strumenti
 organizzativi (Ministro senza  portafoglio,  dipartimento  presso  la
 Presidenza del Consiglio con compiti di coordinamento, o simili).
    Viceversa  il  Governo  ha  ora emanato il d.l. 4 agosto 1993, n.
 272, il quale, nella sostanza, non fa che "reistituire" il  soppresso
 Ministero, modificandone la denominazione in quella di "Ministero per
 il coordinamento delle politiche agricole, alimentari e forestali", e
 mantenendo  in capo ad esso quasi tutte le funzioni gia' spettanti al
 vecchio  Ministero,  tutto  l'apparato   "satellite"   di   organismi
 dipendenti  e  ausiliari,  nonche'  una  ampia quota delle risorse di
 bilancio gia' attribuite a detto Ministero.
   Ma tale operazione legislativa appare, in primo luogo, in contrasto
 con l'art. 75 (nonche' con l'art. 1) della  Costituzione,  che  vieta
 evidentemente   al   legislatore  parlamentare  di  eludere  il  voto
 referendario riproducendo sostanzialmente, all'indomani del  referen-
 dum,  una  disciplina legislativa ispirata ai medesimi principi e col
 medesimo contenuto normativo essenziale di quella  abrogata:  per  la
 stessa  ratio  in  base  alla  quale  una  siffatta  riproduzione, se
 interviene prima del referedum, non fa venir meno l'oggetto di questo
 e non ne interrompe il corso (sentenza n. 68/1978).
    In  questo  caso,  la  violazione dell'art. 75 e dell'art. 1 della
 Costituzione, in forma di elusione della  volonta'  referendaria,  si
 traduce  poi  in  una lesione dell'autonomia regionale (e puo' dunque
 essere denunciata anche in questa sede), in quanto si sostanzia nella
 conferma di un disegno legislativo - smentito dal corpo elettorale  -
 di  accentramento  di  poteri  e  di risorse in capo allo Stato, e di
 corrispondente compressione dei poteri e delle  risorse  riconosciute
 alle  regioni,  in  contrasto  altresi'  con  le norme costituzionali
 concernenti le attribuzioni delle regioni medesime (artt. 5, 117, 118
 e 119 della Costituzione).
    In particolare, l'art. 1, primo comma, del decreto afferma  bensi'
 che  "sono  di  competenza  delle  regioni  le funzioni del soppresso
 Ministero dell'agricoltura e delle foreste" (ponendo cosi',  si  puo'
 dire,  l'unico  "frammento  di norma" costituzionalmente legittimo, o
 meglio  costituzionalmente  vincolato,  contenuto  nel  decreto),  ma
 subito  aggiungendo "con l'esclusione di quelle di cui agli artt. 2 e
 3".
    Ora, l'art. 2 comincia con l'istituire il nuovo Ministero, che non
 e' altro che il vecchio, mutato nomine (primo comma); dispone poi che
 esso subentra in tutti i rapporti attivi e passivi  facenti  capo  al
 Ministero  soppresso,  e  non attribuite alle regioni (secondo comma:
 cosi' confermando, se ce ne fosse bisogno, la  totale  identita'  del
 "nuovo"  e  del "vecchio" Ministero); ed elenca una serie di funzioni
 attribuite  al  Ministero  "nelle  materie  relative   alle   risorse
 agricole,   forestali,  agro-alimentari  ed  agro-industriali",  agli
 accordi interprofessionali e ai contratti di coltivazione  e  vendita
 di  prodotti  agricoli  di  cui  alla  legge  n.  88/1988, ai mercati
 agricolo e alimentare, alla pesca marittima, nonche' alle  competenze
 statali in materia di usi civici.
    Lo  sforzo  di  descrivere  una  "materia" piu' ampia e diversa da
 quella dell'agricoltura e foreste non vale a celare la  realta',  che
 e'  la  totale  identita'  degli  oggetti  cosi'  indicati con quelli
 rientranti  nella  materia  "agricoltura  e  foreste"  di  competenza
 regionale.
   Cosi'  le  risorse agricole e forestali non sono che i "mezzi e gli
 strumenti" destinati all'attivita' agricola, nonche' i  boschi  e  le
 foreste, di cui e' parola nel primo comma dell'art. 66 e nell'art. 69
 del   d.P.R.   n.  616/1977;  le  risorse  agro-alimentari  ed  agro-
 industriali rimandano alle produzioni agricole  e  zootecniche  (art.
 66,  primo  comma,  del  d.P.R.  n. 616/1977) e alla disciplina della
 conservazione e trasformazione di  prodotti  agricoli  (art.  67  del
 d.P.R.  n.  616/1977);  gli  accordi  e i contratti di coltivazione e
 vendita di prodotti agricoli attengono alla stessa  materia,  nonche'
 ai  "soggetti  singoli  o  associati"  che  operano  nel  campo delle
 attivita' agricole (art. 66, primo comma, del d.P.R. n. 616/1977).
    Quanto poi alle singole funzioni intestate al Ministero,  si  puo'
 osservare   che   alcune   (cura   delle   relazioni  internazionali;
 predisposizione di atti e svolgimento di attivita' generali necessari
 per l'attuazione delle determinazioni e dei provvedimenti comunitari;
 definizione delle politiche nazionali  e  attivita'  di  indirizzo  e
 coordinamento,  raccolta, elaborazione e diffusione di informazioni e
 dati; art. 2, terzo comma, lettere a), b), c), del decreto impugnato)
 non  richiedono  affatto  un   Ministero   per   essere   esercitate,
 trattandosi  non  gia'  di  funzioni amministrative ma di funzioni di
 indirizzo  e  coordinamento  politico;  che  viceversa la menzione di
 "interventi di esclusivo interesse  nazionale"  (lett.  d))  apre  la
 strada,  con  una  espressione  del  tutto generica, ad ogni sorta di
 "ritaglio" e di riappropriazione dei poteri a  danno  delle  regioni;
 che  le attivita' di cui alla legge n. 157/1992 (lett. e): in materia
 di tutela della fauna e di caccia),  sono  tutte,  sotto  il  profilo
 amministrativo,  di  competenza  delle  regioni  e degli enti locali,
 mentre i residui compiti statali, di tipo  essenzialmente  normativo,
 non richiedono affatto una struttura ministeriale; che la "fissazione
 di   standard,  norme  tecniche,  marchi,  denominazioni  tipiche  di
 origine", non richiede esercizio di funzioni amministrative in  senso
 stretto, ma semmai, per quanto possa rientrare in competenze statali,
 esercizio  di  attivita'  di  tipo  normativo,  che  a  sua volta non
 necessita di un apparato ministeriale.
    Il terzo comma dell'art. 2, poi, disponendo  il  trasferimento  in
 capo  al  "nuovo"  Ministero  di  alcune  funzioni gia' attribuite ai
 Ministeri  della  marina  mercantile  e  dei  lavori  pubblici  e  al
 Dipartimento  per il mezzogiorno, conferma la volonta' di mantenere e
 addirittura  di  rafforzare  una   robusta   struttura   dicasteriale
 competente  in  campo  agricolo,  in  pieno contrasto con la volonta'
 referendaria.
   Peraltro  l'ampiezza  delle  espressioni  utilizzate   (lett.   b):
 funzioni   "in   materia   di   produzione   dei   prodotti  elencati
 nell'allegato II del trattamento istitutivo della Comunita' economica
 europea", cioe' dei prodotti oggetto della politica agricola  comune;
 lett.  c):  funzioni  in  materia  di  "opere  irrigue  di  rilevanza
 nazionale") puo' preludere addirittura  ad  un'ulteriore  sottrazione
 alle regioni di competenze ad esse gia' attribuite.
    Il  sesto  comma  dell'art.  2  istituisce un "comitato permanente
 delle politiche agroalimentari e forestali", di cui fanno parte anche
 i presidenti delle regioni, ma che si configura pur  sempre  come  un
 organismo   centrale,   e  prevalentemente  come  uno  strumento  del
 Ministero. Gli interventi  che  detto  comitato  sarebbe  chiamato  a
 "concertare"  sono in pratica alcuni interventi gia' di spettanza del
 Ministero dell'agricoltura, e che ai sensi dell'art. 1, primo  comma,
 del  decreto  in  questione,  non  venendo  trasferiti  alle regioni,
 restano di pertinenza del "nuovo" Ministero; nonche' altri interventi
 gia' di competenza propria o delegata delle regioni.
    Si tratta infatti degli interventi per la regolazione del  mercato
 agricolo  (a  cui  proposito  non  ci  si  limita  piu'  a citare gli
 "interventi di interesse nazionale"  affidati  all'A.I.M.A.,  di  cui
 all'art.  71,  lett.  b), del d.P.R. n. 616/1977, contemplando dunque
 anche gli altri interventi, di spettanza regionale a titolo proprio o
 delegato ai sensi degli artt. 66 e 77, primo  comma,  lett.  b),  del
 d.P.R.  n.  616/1977);  dell'attivita'  di  ricerca e di informazione
 finalizzata alla programmazione nazionale (cfr. art.  71,  lett.  a),
 del d.P.R. n. 616/1977); della valorizzazione e controllo di qualita'
 dei prodotti agricoli e alimentari, che e' materia gia' delegata alle
 regioni  dall'art.  7, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 616/1977;
 del Fondo di solidarieta' nazionale, riguardo  al  quale  l'art.  71,
 lett.  e),  del  d.P.R.  n.  616/1977  riserva allo Stato solo alcune
 limitate competenze, e che qui invece viene genericamente  richiamato
 in  toto;  delle associazioni nazionali dei produttori agricoli (cfr.
 art. 77, lett. h), del d.P.R. n. 616/1977);  delle  "associazioni  di
 categoria dell'industria agro-alimentare" e della "cooperazione agro-
 industriale  ed  alimentare",  interventi  - questi - di cui non sono
 nemmeno chiari la portata e il significato; dell'ordinamento e tenuta
 dei registri di varieta' e  dei  libri  genealogici  e  dei  relativi
 controlli  funzionali,  altra  materia gia' spettante per delega alle
 regioni (art. 77, primo comma, lett. c), del d.P.R.  n.    616/1977);
 della  "regolazione in materia fito-sanitaria", nonche' delle sementi
 e dei fertilizzanti, gia' attribuita alle regioni  dall'art.  74  del
 d.P.R.  n.  616/1977  salva  la  sola determinazione degli interventi
 obbligatori, ai sensi dell'art. 71, lett. c), dello  stesso  decreto;
 della  omologazione  dei prototipi delle macchine agricole (cfr. art.
 71, lett. d), del d.P.R. n. 616/1977).
    In definitiva il ruolo  di  detto  comitato  sembra  configurarsi,
 oltre  che  come "copertura" delle competenze statali non trasferite,
 come strumento di ulteriore ingerenza centrale e  specificamente  del
 Ministero   in  interventi  gia'  attribuiti  alla  competenza  delle
 regioni.
    L'art. 3 del decreto, relativo a "organizzazione del  Ministero  e
 riordino   degli   enti   vigilati"  e'  cruciale  per  intendere  il
 significato reale dell'operazione legislativa realizzata dal Governo.
    Esso demanda ad uno o piu' regolamenti governativi il  compito  di
 "definire l'organizzazione degli uffici e dei relativi contingenti di
 personale del Ministero e riordinare o sopprimere gli enti dipendenti
 dal  Ministero".  L'effettiva  "consistenza" del Ministero risultera'
 dunque solo da tali regolamenti: ma e' facile prevedere che essa  non
 si  discostera'  molto  da  quella  del  "vecchio"  Ministero, se non
 addirittura la superera', in forza delle  nuove  funzioni  da  questo
 acquisite.
    Infatti  dai  principi  e criteri direttivi dettati, per orientare
 l'attivita' regolamentare, dal secondo comma dell'art. 3 si desume:
       a) che  l'organizzazione  degli  uffici  del  Ministero  dovra'
 essere  "tale  da  garantire  lo  svolgimento  delle  funzioni di cui
 all'art.  2"  (lett.  a)),  cioe'  quelle  demandate  al   Ministero.
 Principio  di  per  se' ovvio, ma dal quale si ricava che, poiche' le
 funzioni del "nuovo" Ministero non  sono  sostanziamente  diverse  da
 quelle  del  "vecchio", anche l'organizzazione degli uffici non sara'
 sostanzialmente diversa  da  quella  preesistente.  Se  ne  trae  una
 conferma  dell'art. 4, primo comma, del decreto, il quale dispone che
 fino all'emanazione di detti regolamenti il  personale  degli  uffici
 del  soppresso Ministero "svolgendo le funzioni di cui all'art. 2, e'
 inquadrato nei ruoli del "nuovo" Ministero, cosi' ribadendo una volta
 di piu' la continuita' della struttura, nonche'  dall'art.  3,  sesto
 comma,  ai  cui  sensi  la  ragioneria  centrale  esistente presso il
 soppresso Ministero esercita - tal quale -  le  proprie  attribuzioni
 istituzionali presso il "nuovo" Ministero;
       b)  che  gli  istituti di ricerca o sperimentazione agraria non
 verranno soppressi ne'  trasferiti  alle  regioni  (pur  operando  in
 materia  che  e'  di  competenza  regionale) ma al contrario verranno
 riordinati "in un unico ente per la ricerca  agroalimentare  e  fore-
 stale"  (lett.  c))  cosi'  prefigurando una nuova struttura centrale
 ancora piu' spaccata dalla realta' territoriale di quanto  non  siano
 gli  attuali  istituti  (infatti  l'art.  3, primo comma, n. 2) della
 legge n. 910/1966 prevedeva che gli  istituti  avessero  sede  "nelle
 zone  dove la loro specifica attivita' riveste particolare importanza
 ai fini dello sviluppo dell'agricoltura");
       c)  che  pure  gli  altri  istituti ed enti di ricerca in campo
 agricolo  gia'  vigilati  dal  Ministero  dell'agricoltura   verranno
 "riordinati" secondo "criteri di economicita' e funzionalita'" (lett.
 d)).  E'  vero  che  si  prevede  la  soppressione  degli enti le cui
 funzioni siano state attribuite alle regioni, ma poiche', come si  e'
 visto,   in   realta'   il   riparto   delle   competenze  non  viene
 sostanzialmente modificato a favore delle regioni, e' prevedibile che
 tale indicazione trovera' scarsa attuazione.
    Ora, la vera e piena "regionalizzazione" delle funzioni in materia
 agricola doveva passare attraverso la  soppressione  non  solo  della
 struttura  centrale  ministeriale,  ma  anche  della miriade di altri
 organismi attorno ad essa proliferati: tali far  l'altro  i  ventitre
 istituti  di  ricerca  e  sperimentazione  agraria, di cui al r.d. 29
 maggio 1941, n. 489 (artt. 30 e seguenti), oggi previsti  dal  d.P.R.
 23  novembre  1967,  n.   1318, nonche' dalla legge 6 giugno 1973, n.
 308.
    Conseguentemente anche le funzioni gia' svolte da detti  organismi
 o nei confronti di essi dovevano passare alle regioni.
    Viceversa il decreto impugnato, prevedendo il semplice riordino, e
 anzi  l'accorpamento  in  un unico ente, degli istituti, non solo non
 attua ma preclude la regionalizzazione dei medesimi.
    Lo stesso discorso, in termini  ancora  piu'  gravi,  riguarda  in
 particolare  due  struture  appartenenti  al  "vecchio"  Ministero  e
 lasciate intatte nel disciplinare il "nuovo":  vogliamo  dire  da  un
 lato l'A.I.M.A. e dall'altro lato il Corpo forestale dello Stato.
    L'art.  4,  terzo  comma,  del  decreto  presuppone  la permanenza
 dell'A.I.M.A. con le proprie attuali competenze, e anzi  aggiunge  la
 creazione  di  un servizio ispettivo del "nuovo" Ministero incaricato
 di verificare la legittimita' e regolarita' degli interventi e  delle
 erogazioni disposte dall'A.I.M.A.
    A loro volta il quarto e quinto comma dell'art. 4 presuppongono la
 permanenza  del  Corpo  forestale  dello  Stato nell'attuale assetto,
 cioe' come corpo dipendente dal Ministero, in quanto prevede apposite
 convenzioni - stipulate evidentemente dal "nuovo" Ministero - con  il
 Ministero   dell'ambiente  e  con  le  regioni  per  l'"utilizzazione
 funzionale" del corpo stesso.
    Piu' esplicitamente l'art. 4,  quinto  comma,  prevede  che  "sino
 all'emanazione  di apposita legge di riforma" - dunque escludendo che
 si operi in  proposito  un  riordino  o  una  modificazione  per  via
 regolamentare   -  "continuano  ad  applicarsi  le  norme  in  vigore
 concernenti il Corpo forestale dello Stato e  l'ispettorato  centrale
 repressione frodi e l'Azienda di Stato per gli interventi nel mercato
 agricolo A.I.M.A.".
    Tali organismi dunque permangono come strutture del Ministero o da
 esso  dipendenti,  e le rispettive funzioni continuano a configurarsi
 come funzioni facenti capo allo Stato e  in  particolare  al  "nuovo"
 Ministero.
    Esattamente  il  contrario  di  quanto  dovrebbe  derivare  da una
 effettiva   regionalizzazione   della   materia   a   seguito   della
 soppressione del "vecchio" Ministero.
    L'art.  5  del  decreto stabilisce, al primo comma, che "a partire
 dall'anno  1994,  gli   stanziamenti   complessivi   destinati   agli
 interventi  strutturali per l'agricoltura iscritti nel bilancio dello
 Stato sono attribuiti alle regioni per una quota non inferiore all'80
 per cento".
    Anche tale disposizione e' in contrasto con l'esito referendario e
 lede   le   competenze  regionali.  Infatti,  in  primo  luogo,  essa
 differisce l'attribuzione alle regioni degli  stanziamenti  al  1994,
 laddove la soppressione referendaria del Ministero e' intervenuta nel
 corso  del  1993:  in tal modo fra l'altro si consente che in sede di
 predisposizione del bilancio per il 1994 si  compiano  operazioni  di
 riduzione degli stanziamenti da attribuire alle regioni.
    In  secondo  luogo, e soprattutto, non si prevede il trasferimento
 complessivo degli stanziamenti per interventi  diretti,  ma  solo  un
 trasferimento  parziale  (all'80%)  dei  soli  stanziamenti  per  gli
 interventi strutturali per l'agricoltura.
    La devoluzione alle regioni delle ingenti risorse che lo Stato  si
 era  finora  riservato per interventi in campo agricolo e' dunque del
 tutto parziale e insufficiente.
    Il secondo comma dell'art. 5 stabilisce poi che "i capitoli  dello
 stato  di previsione del soppresso Ministero dell'agricoltura e delle
 foreste relativi alle funzioni trasferite alle regioni ed alle  prov-
 ince  autonome,  compresi quelli destinati ad essere ripartiti tra le
 medesime  per  le  finalita'  previste  dalle  leggi  che  li   hanno
 istituiti,  sono  corrispondentemente ridotti o soppressi" e che "gli
 stanziamenti corrispondenti ai capitoli interessati di parte corrente
 confluiscono nel fondo comune" di  cui  all'art.  8  della  legge  n.
 281/1970.
    Ma  poiche',  come  si  e' visto, il trasferimento alle regioni di
 funzioni gia'  del  Ministero,  secondo  le  norme  del  decreto,  e'
 limitatissimo,  e sostanzialmente quasi nullo, anche il trasferimento
 di fondi non avra' presumibilmente pratica consistenza. Per  di  piu'
 ci  si  limita  agli  stanziamenti  di parte corrente, mentre ne sono
 esclusi  quelli  in  conto  capitale  (riguardo  ai  quali  il  comma
 precedente opera le limitazioni di oggetto e di quantita' che si sono
 dianzi esaminate).